IL CODICE

LE RADICI DELL'ETICA
UOMO/AMBIENTE
DI CAMALDOLI

Nell’anno 1080 Rodolfo, il quarto priore di Camaldoli (dal 1074-1089), ha scritto le prime Constitutiones per disciplinare la vita eremitica sorta in Campo Amabile, radura nella foresta Appenninica Aretina, oggi Eremo di Camaldoli. Il tutto immerso nella foresta divenuta protettrice dei nuovi abitanti che poi l’avrebbero a loro volta protetta. Nacque una reciprocità poi divenuta condivisione. Quando Rodolfo, dopo 53 anni da quell’inizio, ha redatto la prima Regola, questa ha risentito anche fortemente dell’esperienza già vissuta insieme nella e con la foresta. Così è nata una pagina straordinariamente unica in tutta la tradizione monastica: in essa “sette alberi” desunti dalla Bibbia (Is 41,19) a simbolo di tutti, sono stati descritti secondo le proprietà botaniche proprie e anche secondo quelle simboliche loro attribuite, e sono state accomunate alle virtù dei monaci. Inoltre – ciò è straordinario – i monaci sono stati identificati con quegli alberi: “esto igitur abies”, “sii dunque un abete….” ecc. E’ dunque nata un’ecologia che ha fatto dell’Ambiente una realtà da condividere esistenzialmente. Ciò ha prodotto un’attenzione notevolissima agli abitanti e ai frequentatori dell’Ambiente, un’antropologia che ha creato relazioni con il territorio e con le sue esigenze. La foresta, dai monaci gestita e mai sfruttata, è divenuta autentica fonte di una ricchezza che, per decisione della comunità monastica, non apparteneva ad essa, ma al territorio. Così lungo il tempo, sorsero opifici artigianali, ospizi, ospedali, istituti educativi, quartieri popolari. A proposito di istituti è significativo accennare alla lettera scritta al Comune di Siena dal Priore Generale Dom Ambrogio Traversari (1386-1439), datata il 21 gennaio 1437, nella quale egli presenta il Collegio avviato nel monastero senese di S. Maria della Rosa, facendo notare “quanto possa essere utile alla pubblica amministrazione avere cittadini colti e onesti che possano degnamente partecipare al governo della città”.

Innumerevoli le tecniche approntate per la gestione dei boschi perché: “bisognerà che gl’Eremiti habbiano una grandissima cura, e diligenza che i boschi, i quali sono intorno all’Eremo, non siano scemati, ne diminuiti in niun modo, ma piu tosto allargati, e cresciuti” (Regola del 1520) e questo affinché “manco diminuiscono la selva. E manco le tolgono la sua bellezza e vaghezza”. Inoltre molte sono le attenzioni economiche riservate ai dipendenti che lavorano in foresta, dalla pensione in vecchiaia, dalle cure gratuite nell’Ospitale di Camaldoli (creato nel 1046), dalla partecipazione agli utili per chi esercita i lavori più rischiosi, quale la fluitazione del legname verso i porti di mare.

Contemporaneamente a Fonte Avellana, sul Monte Catria nelle Marche, dove la comunità monastica non ha una foresta da condividere ma territori agrari propri alla conformazione geologica di quella Regione, nel 1200, confrontandosi con la situazione sociale e politica del tempo e considerando la condizione dei “servi della gleba” sottomessi ai vari feudatari, grazie al Priore Sant’Albertino da Montone (+ 1294), i monaci creano un sistema che nega quella sottomissione affermando che non esistono servi ma uomini: “non servuli sed homines”, rendendo a questi la dignità che li fa partecipare al prodotto del loro lavoro e prima ancora alla programmazione del lavoro stesso, gettando così le fondamenta di quelle istituzioni che verranno chiamate Mezzadria e Cooperativa. Documentazioni di queste attenzioni al territorio sono ancora presenti nelle attuali Comunanze e Università degli Uomini Originari, che amo definire una “eredità inconsapevole” di quanto i monaci Avellaniti hanno avviato. Perciò anche questa presenza in un’Area Interna diversa da quella di Camaldoli ma in comunione con questa per la medesima Etica Uomo/Ambiente, è annoverata nel Progetto UNESCO: “Il Codice Forestale Camaldolese, le radici della sostenibilità”.

RADICI

Per approfondire le radici della ricerca visita il sito del Collegium "Scriptorium Fontis Avellanae"

Ricercare le radici storiche dello sviluppo sostenibile della montagna: questa la finalità del Progetto Codice Forestale Camaldolese, promosso dal Collegium “Scriptorium Fontis Avellanae”, convenzionato con l’INEA – Istituto Nazionale di Economia Agraria e finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari, Forestali e del Turismo. Esso si propone di riscoprire il rapporto tra il monachesimo benedettino camaldolese e la foresta in tutte le sue implicazioni (spirituale, etica, tecnica, economica, sociale): si tratta di un’esperienza unica, paradigma storico di un equilibrato rapporto tra l’uomo e la montagna, che può essere declinato nella realtà di oggi come fondamento di un possibile sviluppo dell’Appennino.

Anche per questo l’UNESCO ha ritenuto di iniziare un procedimento per riconoscere questa straordinaria validità storica quale patrimonio immateriale universale dell’umanità. Per questo il tuo aiuto per sostenere il progetto di riconoscimento è importante e fondamentale.