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Fabriano 13 giugno 2019 Palazzo del Podestà ​

La rinascita dell’Appennino

Presidente Ing. Francesco Merloni, la ringrazio a nome della Congregazione dei Monaci Camaldolesi per l’invito ad essere qui oggi a testimoniare una speranza, basata sulla storia.

Gentili signore e signori,

I – “Tu sarai un Cedro per la nobiltà della tua sincerità e della tua dignità; Biancospino per lo stimolo alla correzione e alla conversione; Mirto per la discreta sobrietà e temperanza; Olivo per la fecondità di opere di letizia, di pace e di misericordia; Abete per elevata meditazione e sapienza; Olmo per le opere di sostegno e pazienza; Bosso perché informato di umiltà e perseveranza.” Così la Comunità Eremitica nata nel cuore della foresta appenninica del Casentino dava fondamento, con la sua prima regola scritta, alla propria vita vissuta in rapporto con l’Ambiente che la circondava e la custodiva, così che si disse: “custodiamo la foresta che ci custodisce”. Custodire significa conoscere, apprezzare, promuovere, proteggere. È una reciprocità creatrice di un’Etica dinamica che, sul piano sociale antropologico ed economico, sorge e si evolve nell’Ambiente vissuto. Per oltre otto secoli gli Eremiti di Camaldoli hanno dato vita a quest’Etica, di cui ancora sono visibili tracce vitali, frutto di una eredità, a volte implicita, necessaria da riscoprire.

Contemporaneamente a Fonte Avellana, sul Monte Catria qui nelle Marche, nel 1200, confrontandosi con la situazione sociale e politica del tempo e considerando la condizione dei “servi della gleba” sottomessi ai vari feudatari, grazie al Priore Sant’Albertino da Montone (+ 1294), i monaci creano un sistema che nega quella sottomissione affermando che non esistono servi, ma uomini: “non servuli sed homines”, rendendo a questi la dignità che li fa partecipare al prodotto del loro lavoro e prima ancora alla programmazione del lavoro stesso. Documentazioni di queste attenzioni al territorio sono ancora presenti nelle attuali Comunanze Agrarie e Università degli Uomini Originari che a mo’ di tessere compongono il mosaico dell’Appennino e identificano collettività locali che gestiscono responsabilmente e con un forte vincolo sociale di solidarietà umana, come da antica consuetudine, il patrimonio agro silvo pastorale dell’Appennino che a loro appartiene.

L’insieme di queste due storie è annoverata nel Progetto UNESCO: “Il Codice Forestale Camaldolese, le radici della sostenibilità”. Ricercare le radici storiche dello sviluppo sostenibile della montagna: questa la finalità del Progetto, promosso dal Collegium “Scriptorium Fontis Avellanae”, e dalla Congregazione dei monaci camaldolesi, convenzionato con l’INEA – Istituto Nazionale di Economia Agraria e finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari, Forestali e del Turismo. Esso si propone di riscoprire il rapporto tra il monachesimo benedettino camaldolese e la foresta in tutte le sue implicazioni (spirituale, etica, tecnica, economica, sociale): si tratta di un’esperienza unica, paradigma storico di un equilibrato rapporto tra l’uomo e la montagna, che può essere declinato nella realtà di oggi come fondamento di un possibile sviluppo dell’Appennino.

II – Sì, perché l’Appennino, scheletro d’Italia, è cosciente delle sue fragilità e delle sue forze, delle sue prospettive di sviluppo e, in esso, di identità, di presenza, di senso. Le energie vitali si mobilitano, stiamo dicendo. Se parliamo di energie vitali che si mobilitano vuol dire che questa terra, a dispetto dei certificati di morte che le si attribuiscono, è portatrice di un dinamismo reso possibile dal fatto di accorgersi di essere vivi. Anche questo è il frutto di una storia. L’Appennino è una “fabbrica non delocalizzabile” (Dom Salvatore Frigerio), che può ridiventare il nerbo di una rinascita. Questa rinascita, fondata sulle energie vitali di un territorio, dipende anche da una gestione sapiente, rispettosa e lungimirante dell’ambiente e del patrimonio forestale in particolare. Da una visione comprensiva in grado di raccordare le radici al futuro. Con questa speranza, la comunità camaldolese si è fatta promotrice di un progetto di gestione del nostro territorio denominato la “La Fabbrica Appennino”, che sottende tre segmenti tra loro integrati:

1. Scientifico e culturale (Impatti climatici e sperimentazione forestale);

2. Economico – imprenditoriale (Sviluppo della filiera forestale in condivisione con le comunità locali);

3. Logistico costruttivo (Recupero dell’Antico Borgo di Sorchio in Comune di Frontone, già proprietà del Monastero di Santa Croce di Fonte Avellana).

La Fabbrica Appennino costituisce una proposta per la gestione territoriale integrata e lo sviluppo economico delle aree interne. Ricomprende l’implementazione di attività in ambito scientifico/ambientale, sociale, culturale e d’impresa. Rappresenta, di fatto, un caso studio di sperimentazione di una sapiente modello gestionale del territorio che potrà essere avviato grazie alle competenze scientifiche di Università, in primis quella di Urbino, all’apporto della Fondazione Medit Silva, delle collettività locali dell’Appennino e all’intervento di istituzioni pubbliche e imprese. Nel loro insieme, gli ambiti e le azioni previste sono da intendersi come un modello esportabile ad altre realtà simili, tipicamente caratterizzate da depauperamento in termini economici e di popolazione, ma ricche di patrimonio forestale e storico. Il progetto parte appunto dall’idea delle radici dello sviluppo sostenibile declinate nel Codice Camaldolese, in un’ottica di sviluppo responsabile e di vitalità socio-economica, nella consapevolezza che le condizioni naturali e climatiche, in un futuro decisivo non saranno le stesse di oggi.

III – E’infatti ormai chiaro a tutti coloro che sentano anche un minimo bisogno d’informazione che nell’ambito della comunità scientifica ci sia una sempre crescente preoccupazione per il mutamento degli equilibri climatici del pianeta e per gli impatti che questo processo potrà avere sui sistemi fisici e biologici. Questo fenomeno globale avrà ovvie ricadute a livello locale e sul nostro territorio come suggeriscono tutti i modelli di simulazione degli scenari futuri.

Il cambiamento climatico non è una questione che riguarda solo la scienza. Certo, la scienza ci aiuta a comprendere meglio i dati, i fatti, a contestualizzarli in un insieme logico. Eventualmente, a fare delle previsioni. Tuttavia, se la consapevolezza scientifica ci aiuta a mantenere un oggettivo confronto con la realtà delle cose, essa sola non può costringerci a un modello comportamentale virtuoso che dipende essenzialmente da un’assunzione di responsabilità morale ed etica dell’uomo con il suo ambiente. Una responsabilità determinante per la rinascita che non può non fondarsi sulle radici della nostra storia. Questo sviluppo e queste energie vitali, le radici di una nuova rinascita, dipendono da una praticata gestione sapiente, rispettosa e lungimirante del territorio. Il quale può rinascere anche se le condizioni naturali/climatiche lo consentono. La gestione sconsiderata ha prodotto una emergenza climatica che rischia di compromettere ogni progetto di ricominciamento.

 

Signore, signori,

il Codice Forestale Camaldolese è un patrimonio di esperienza e di speranza. Oggi è aperto un procedimento, seguito dalla Cattedra UNESCO di Genova, per dichiararlo patrimonio immateriale universale dell’umanità. Un riconoscimento che può riportare al centro dello sviluppo e della sostenibilità l’uomo e l’ambiente che vive.

Non vogliamo essere schiavi di presunte necessità superiori, ma protagonisti di un territorio che rinasce.

Non servi ma uomini. Grazie!

 

Don Gianni Giacomelli – Priore del Monastero di Santa Croce di Fonte Avelllana